“Sai come ti chiameranno? La pistola più veloce del sud.”
Finalmente Tarantino torna nelle sale (e sbanca i botteghini) dopo più di tre anni da Bastardi Senza Gloria. E lo fa nella maniera che più piace a lui: impressionando e spiazzando lo spettatore in tutti i modi possibili e più o meno leciti. Django è l’ennesima prova che Quentin è a dir poco maniacale nel trasporre su pellicola ciò che gli balena in testa, confermando che egli è una delle più geniali e perverse menti del mondo dell’Arte. Quasi come fossero due film, uno il seguito dell’altro, abbiamo di fronte più di due ore e mezza di puro godimento per gli amanti del regista, gli amanti del genere (uno spaghetti-western pomposo e pompato), gli amanti del sangue, gli amanti della sorpresa e di tutto ciò che questo film rappresenta. Ho citato il genere, ma attenzione ad etichettarlo solo come uno “spaghetti-western”, sarebbe come rinchiudere una tigre in una gabbia di un metro cubo e scrivere sulla targhetta “gatto delle nevi”: centra e non centra, ma soprattutto sarebbe troppo (e dico troppo) riduttivo!!!
Django è il manifesto di ciò che Tarantino rappresenta e di ciò che lui ama in prima persona, un comico-drammatico-action tributo in pompa magna al western nostrano degli anni ’60. Non a caso il titolo riprende una pellicola datata 1966 di Franco Corbucci, con protagonista un giovane e tenebroso Franco Nero in cerca di vendetta per la moglie assassinata. Qua Jamie Foxx la moglie l’ha persa sì, ma solo di vista. Con l’aiuto di Christoph Waltz (nei panni del dottor King Schultz, in un’altra straordinaria interpretazione che gli vale ancora il Golden Globe e l’Oscar), un ex dentista cacciatore di taglie, andrà in giro in cerca della sua principessa Broomhilda (Kerry Washington) ammazzando qua e là banditi e cattivoni razzisti. Eccezionale, come sempre, anche Leo di Caprio in quello che pare essere il suo ultimo film della carriera. Ci lascia comunque con una delle interpretazioni più notevoli del suo curriculum, confermando che la passione che ha nel recitare è vera e pura (in una scena addirittura si taglia con un bicchiere per la concitazione e va avanti a recitare!).
Ovviamente, alla maniera Tarantiniana, la pellicola è pregna di omaggi e rimandi ad altri film e registi che aggradano il mostro sacro del Tenessee. Ve li lascio scoprire con la visione o con l’aiuto di Wikipedia… Mi sento solo in dovere di segnalare che l’enciclopedia libera manca di nominare un piccolo tributo ai Monty Python in una spassosissima scena di incappucciati e poco vedenti razzisti! Obbligatorio vederlo, sia chiaro!!!