“Pupa, non costringermi a infilarti un piede su per il culo”
Terzo film di Tarantino, dopo “Le Iene” e “Pulp Fiction“. Sicuramente un film anomalo per la produzione dell’osannato regista, caratterizzato da minori colpi di scena, situazioni meno stravaganti e inverosimili, e che solo a tratti ritrova i suoi inarrestabili dialoghi. Ebbe proprio per questo uno scarso successo al cinema tanto da essere considerato un flop, salvo poi venir “rispolverato” negli ultimi anni.
La vicenda, particolarmente lineare per gli standard tarantiniani, parla appunto di Jackie, una hostess che arrotonda il magro stipendio trasportando denaro sporco e cocaina per conto di Ordell (Samuel L. Jackson), stravagante trafficante d’armi, sicuramente il personaggio trainante e meglio riuscito della pellicola. Il piano non va per il giusto verso e Jackie, una volta incastrata, sarà costretta a collaborare con la polizia, cercando di trarre il massimo profitto da questa situazione. Come di consueto non è la trama in sé e per sé a fare la differenza nei lungometraggi del regista statunitense, bensì come essa si sviluppa, rendendo le scene mai banali e mai superflue.
A conti fatti, Jackie Brown, risulta meno conosciuto dei due predecessori, non per questo meno convincente. Inoltre, a “condire” il ricco piatto che ci serve il regista, ci sono Robert De Niro, che interpreta Louis Gara, distratto collaboratore di Ordell, e l’ammaliante Bridget Fonda (Melanie), di certo ingredienti da non sottovalutare. Per continuare la nostra metafora gastronomica mi piace segnalare come agli occhi del grande pubblico questa pellicola, come il vino, sia migliorata negli anni. Non vi rimane che affrettarvi a stapparla.