“Nik, te ne devi andare da qui, per il tuo bene.”
Il regista di Maria Full of Grace è tornato. Ed è un evento. Di solito lontano dal grande schermo, e affezionato a quello piccolo (tante le serie tv da lui scritte), dopo essere stato legato a un possibile remake de La Doppia Ora dell’italiano Capotondi, ha preferito continuare a parlare di realtà minori, situate in paesi del terzo mondo. Se prima la sua protagonista era una teenager colombiana trasportatrice di cocaina, questa volta tocca a due ragazzi albanesi con i loro sogni e le loro passioni, spazzate via da una faida famigliare (che ha portato loro padre a uccidere un vicino) e una legge medievale che impone la segregazione in casa, in segno di rispetto verso la famiglia offesa di tutti i membri maschili.
Un film che parla dell’Albania di oggi, ancora arretrata nonostante cose come smartphone, la tv satellitare e facebook abbiano fatto il loro ingresso nella vita di tutti i giorni. L’unica soluzione a una realtà simile sembra quella della fuga. Lavorare o studiare all’estero, emigrare per ritrovare la libertà e il futuro che non può esistere nella propria nazione. Neorealista per il tipo di regia, privo di eccessi o di fronzoli. Racconta documentaristicamente una realtà a noi sconosciuta. Servirebbe più gente come Marston.