“L’inferno è solo un mondo senza droghe.”
Perché amo Cronenberg? Perché è come un grande calciatore… fà sembrare semplici cose che sono complicatissime per giocatori normali. Ecco cosa lo distingue dalla massa: lui non getta fumo negli occhi dello spettatore per cercare di stupirlo, lui racconta con disarmante semplicità i fatti attraverso scene volutamente scarne e proprio per questo tanto intriganti ed inquietanti. È con questo lessico che ci parla di un mondo di Hollywood surreale, abitato da fantocci comandati da psicofarmaci e droghe, dove un bambino di 13 anni (Benjie nel film… una sorta di parodia di Bieber) tratta a pesci in faccia manager e colleghi, dove le camionate di soldi non bastano per essere sereni e sentirsi realizzati.
Un quadro triste, decadente… forse esagerato (si spera) ma molto efficace dove si inseriscono le convincenti interpretazioni di Julianne Moore (Havana Segrand), la protagonista, un attrice in decadimento ossessionata dal successo di sua mamma, morta in un incendio e Pattinson (già protagonista di Cosmopolis), un giovane autista di star in attesa di spiccare il volo come attore, forse l’unico personaggio che il regista “toglie dal banco degli imputati”. Certamente Cronenberg ha fatto anche di meglio in passato ma “Maps to the Stars” non demerita affatto e lascia una malinconia ed una tristezza profonda, prova schiacciante che il regista ha colpito nel segno anche in questa pellicola.