“Io non sono fatto come gli altri uomini.”
Ah, “Napoleon” di Ridley Scott, un film che si aggira tra l’epico e l’epicamente discutibile con la grazia di un elefante in una cristalleria. Nonostante ciò, vi confesso, miei cari lettori e lettrici, che questa recensione nasce da un luogo di amore tormentato per il cinema e, in parte, per il buon vecchio Ridley, che, ahimè, sembra aver scambiato la sottigliezza per un cannone… napoleonico.
Prima di tuffarci in questo mare di mediocrità glorificata, concedetemi di tessere le lodi dovute: le sequenze di battaglia sono un trionfo visivo, non c’è che dire. Ridley, vecchio lupo di mare del cinema, sa come far esplodere un cannone e farcelo sembrare poetico. E poi c’è Joaquin Phoenix, che interpreta un Napoleone così intensamente imbronciato da far sembrare le sue campagne militari nient’altro che un capriccio post-adolescenziale. La sua performance è talmente carica che quasi quasi si riesce a dimenticare che il personaggio storico aveva un briciolo di carisma. Eppure, miei nobili lettori, per ogni scena che incanta, ve ne sono tre che provocano il desiderio di invocare il ritorno della monarchia solo per avere qualcosa di meno prevedibile da criticare. La narrazione si snoda tra momenti di storia riscritta con una libertà che farebbe invidia a un Napoleone ubriaco su Wikipedia, e dialoghi che oscillano tra il pomposamente teatrale e il banalmente anacronistico.
Passiamo poi alla rappresentazione di Joséphine, interpretata da Vanessa Kirby, che riesce a infondere una certa profondità in un personaggio altrimenti ridotto a mero accessorio nel dramma di un uomo con problemi di grandezza. La loro relazione è tanto centrale quanto incredibilmente noiosa, un tour de force di melodrammatici battibecchi che farebbero arrossire persino i partecipanti a un reality show sull’Impero francese. Ora, lasciatemi essere chiaro: “Napoleon” ha i suoi momenti di gloria, principalmente quando Scott si dimentica di essere Scott e ci regala invece squarci di genialità visiva e narrativa. Tuttavia, il film soffre di un’incoerenza tonale che lo rende meno un’epopea storica e più un’opera di pura finzione, con occasionali pause per ricordarci che, sì, Napoleone è esistito davvero.
E così, cari cinefili con la puzza sotto il naso, ci troviamo di fronte a un paradosso: un film che, nonostante aspiri a raccontare la vita di uno dei personaggi più complessi e affascinanti della storia, finisce per ridurlo a un’ombra caricaturale di se stesso, intrappolato in un’opera che non sa se essere un dramma storico o un blockbuster hollywoodiano. “Napoleon” di Ridley Scott è, in definitiva, una dimostrazione di come anche i più grandi possono cadere vittime della propria ambizione, lasciandoci con un’opera che è tanto grandiosa quanto frustrantemente insoddisfacente. Da vedere? Ni: per gli amanti del cinema “tecnico” sí, è un’esperienza visiva imponente. Per gli altri: se volete vedere un bel film di Scott potete scegliere tra tanti altri titoli della sua grandiosa carriera che non topperete… come invece il buon Ridley ha fatto con “Napoleon”.