“Ci si sposa, si vive insieme, ed è la fine. Si guarda sempre nella stessa direzione, si fissa sempre la stessa cosa, le conversazioni durano quanto gli intervalli pubblicitari in tv. E un giorno ti svegli, ti guardi allo specchio e ti chiedi che fine ha fatto la tua vita.”
Ci sono film che non rimangono nella memoria e ci sono mercati del cinema che ancora oggi soffrono le produzioni internazionali. E’ il caso del mercato australiano, che non riesce ancora a sfondare la porta della cinematografia… ma tra tanti film ce n’è uno in particolare che merita di essere visto, poiché stupisce parecchio. “E Morì con un Felafel in Mano” non è una produzione originale, ma bensì l’adattamento dell’omonimo libro di John Birmingham.
Il film si apre con la morte di Flip (Brett Stewart), seduto davanti alla tv con un felafel. Il cadavere viene ritrovato da Danny (Noah Taylor). Da lì, si apre un flashback di un’ora e venti, che vede raccontare il turbine di eventi precedenti vissuti proprio da quest’ultimo. Si racconta di cambi di casa, di coinquilini più o meno strani, di guai con la legge e di riti pagani che si trasformano e si uniscono tra loro creando una commedia dal sapore agrodolce, ma comunque molto impegnata e riflessiva. Il tutto unito ad un cast che sa recitare e compie il suo dovere, ed una colonna sonora che accompagna ogni situazione con il giusto ritmo, senza mai lasciare nulla al caso. Non è sicuramente il miglior prodotto disponibile sul mercato, ma rimane comunque uno dei migliori esperimenti che l’Australia sia riuscita a portare nel mondo cinematografico internazionale. Uscito nel 2001, rappresenta l’ultimo grande sforzo del regista Richard Lowenstein. Un’esperienza quasi religiosa, da gustare in compagnia di amici o, ancora meglio, da soli. Magari proprio con un felafel.