“Signori. Le cose sono andate avanti troppo a lungo, non andrà a finire bene.”
Green Room è un film del 2015 targato Jeremy Saulnier ed uscito direttamente nei circuiti video e televisivi, passato dunque in sordina e non proiettato nelle sale cinematografiche. Il regista statunitense si era già fatto conoscere al grande pubblico per la perla Blue Ruin e secondo me anche questo Green Room risulta essere un thriller avvincente. Siamo negli Stati Uniti, nei pressi di Portland. Un gruppo punk rock, ormai vicino allo scioglimento dato il mancato successo e le poche occasioni, viene invitato a suonare in un locale che successivamente risulta essere un bar usato come covo da neo-nazisti skinhead. Dopo il concerto, uno dei musicisti entra in una stanza dove è appena stata uccisa una ragazza; presto l’intera band si ritrova in ostaggio nel luogo dell’omicidio e da quel momento scatterà una furiosa lotta per sopravvivere e fuggire.
La trama è sicuramente molto semplice, ma il regista fa in modo che il film scorra con grande ritmo anche grazie ad un montaggio ben ragionato. Il grande punto di forza è la tensione, che si alza sempre di più man mano che il film scorre, per poi esplodere in una dilagante ferocia che vede la pellicola trasformarsi in un vero e proprio horror. Le musiche di Green Room sono perfette: sfociano tutte nel genere punk-rock rivoluzionario-casinista, accompagnando lo spettatore lungo la trama. Tra gli attori, tutti diretti egregiamente e calati nella parte, spicca il nome di Patrick Stewart, chiamato ad interpretare il “cattivo” e ad enfatizzarne il personaggio. Green Room presenta sicuramente dei difetti (a parer mio Blue Ruin è di un altro livello) ma entra di diritto tra i film thriller/horror più sottovalutati che mi sento di consigliare agli amanti del genere e non.