“Io qui fra massimo 6 mesi divento cameriere. Mance, un giorno libero a settimana e settecento euro al mese.”
“Io te li faccio guadagnare in mezz’ora.”
I tempi del precariato in Italia oramai sono passati: adesso va di moda il licenziamento e il taglio di fondi alla ricerca universitaria. Ed è da questa premessa, purtroppo tragica e veritiera, che si basa il primo film di Sidney Sibilia: il protagonista del film, Pietro Zini (un immenso Edoardo Leo) si vede tagliare i fondi ad un suo progetto universitario, nonostante tutti i grandi sforzi compiuti ed un ipotetico appoggio di un politico vecchio conoscente del rettore dell’università. Un figlio in arrivo, senza lavoro e pieno di spese, Pietro decide così di assoldare un team delle migliori menti che abbia mai conosciuto: due latinisti, un archeologo, un chimico, un economista e un antropologo… per creare e distribuire una nuova “smart drug” (droga “legale”, ovvero prodotta con una molecola non bandita) in tutte le discoteche romane. Il tutto porta ad un turbine di eventi comici e drammatici, che si fondono perfettamente e non annoiano, sopratutto grazie ad una sceneggiatura solida e ben costruita.
L’esordio di Sibilia alla regia di un lungometraggio si trasforma così in un pretesto per raccontare il disagio sociale della scuola italiana, volutamente estremizzato ma mai banale. Il film diverte per tutta la sua durata e grazie ad un cast che non ha nulla da invidiare a produzioni più grandi dalla semplice commedia si passa ad un’opera che il cinema italiano cercava da tanto tempo. Non un masterpiece della filmografia del Bel Paese, ma un ottimo prodotto che colpisce e diverte. Buona la prima dunque.