“Nell’Overworld, qualunque cosa puoi sognare la puoi creare.”
C’è qualcosa di straordinariamente bizzarro nel vedere Minecraft trasformato in un film. Parliamo di uno dei videogiochi più popolari della storia, ma anche uno dei meno narrativi. Niente storia predefinita, nessun protagonista canonico, solo blocchi, mostri, crafting e… libertà creativa assoluta. Eppure, eccoci qui: con una pellicola diretta da Jared Hess (Napoleon Dynamite) che cerca di infilare dentro quel caos controllato una trama avventurosa, buffa, sincera e piena di riferimenti tanto per i fan quanto per le famiglie. Con risultati… contrastanti.
La trama è un pasticcio consapevole, un mix tra film d’avventura, cartone animato surreale e commedia per ragazzi. Tutto ha inizio con Steve (Jack Black), ex minatore e pioniere dell’Overworld, il mondo cubico che può essere modellato con l’immaginazione. Dopo uno scontro con Malgosha, una regina desiderosa di distruggere l’Overworld, Steve nasconde due artefatti magici nel mondo reale e rimane intrappolato nel Nether. Decenni dopo, Garrett (Jason Momoa), un ex campione di videogiochi caduto in disgrazia, scopre per caso questi oggetti e, insieme a un gruppo di personaggi improbabili – due fratelli orfani e un’agente immobiliare con il sogno di uno zoo – finisce nel mondo di Minecraft. Da lì inizia una classica missione per salvare il mondo, riaccendere la speranza e riscoprire sé stessi.
Sul piano visivo, il film è uno spettacolo. La CGI è ispirata e rispettosa dello stile originale del gioco, e riesce incredibilmente a rendere coerenti i personaggi umani con un ambiente costruito a blocchi. Alcune scene – come l’assalto notturno al villaggio o il viaggio in carrelli da miniera sotto assedio – sono visivamente memorabili. Ma è anche vero che a volte questa estetica diventa una prigione: i momenti emotivi risultano smorzati, e l’impatto visivo non riesce sempre a sostenere il tono del racconto. Il cast, però, ci mette cuore. Jason Momoa si rivela una scelta azzeccata: il suo Garrett è ironico, malinconico e sorprendentemente affettuoso, soprattutto nel rapporto con Henry. Jack Black, invece, è… Jack Black al quadrato. Esplode in ogni scena con urla, gag, canti, e un’energia che è tanto contagiosa quanto eccessiva. A volte diverte, altre stanca: alla fine é sempre Jack Black che fa il Jack Black. Danielle Brooks e Emma Myers completano il team con buone performance, anche se i loro personaggi non sono sempre ben scritti.
E qui arriviamo ai limiti più evidenti: la sceneggiatura. Sei autori per un film tratto da un videogioco minimalista forse sono troppi. Il risultato è un racconto che cambia tono troppo spesso, con battute infantili seguite da momenti di introspezione, scene d’azione frenetiche alternate a siparietti musicali che sembrano pensati solo per generare meme. Il ritmo non è sempre equilibrato, e alcune sottotrame (come quella del villico nel mondo reale) sembrano buttate lì per allungare il brodo. Nonostante questo, A Minecraft Movie ha un cuore. Dietro l’ironia e la goffaggine, si percepisce una volontà sincera di intrattenere. I riferimenti al gioco faranno felici i fan – dal crafting alle battaglie contro i creeper – e i più piccoli troveranno sicuramente spunti per ridere, sognare e affezionarsi a questi personaggi. Ma chi cerca profondità, coerenza narrativa o anche solo una storia più solida rimarrà deluso. È un film che si diverte e fa divertire, ma che raramente osa davvero.
Forse il modo migliore per approcciarlo è proprio quello suggerito da alcuni spettatori: non prendersi troppo sul serio. È un film per giovani e famiglie, per fan sfegatati del gioco, o per chi cerca una serata leggera con qualche risata e tante esplosioni pixelate. Non entrerà nella storia del Cinema, ma nemmeno tra i suoi peggiori adattamenti videoludici. È caotico, sì, ma anche genuinamente affettuoso nel suo omaggio a un gioco che ha definito l’infanzia di milioni di persone. Insomma, A Minecraft Movie è quello che ci si poteva aspettare da un film tratto da Minecraft: un’avventura colorata, un po’ stupida, talvolta geniale, a tratti sgangherata, ma mai noiosa. E in un mondo dove molte produzioni rischiano di risultare patinate e senz’anima, questa sua confusione caotica può persino risultare rinfrescante.