A Complete Unknown

A Complete Unknown - James Mangold, 2024


Voto medio: 3,44
(71 voti totali)

Film consigliato

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DURATA: 141 minuti
GENERE: Biografico, Drammatico, Musicale
CAST: Timothée Chalamet, Elle Fanning, Monica Barbaro, Boyd Holbrook, P.J. Byrne, Edward Norton, Scoot McNairy, Will Harrison, Joe Tippett, Dan Fogler, Charlie Tahan, Laura Kariuki, David Alan Basche, Eli Brown, Eric Berryman.

“Duecento persone in quella stanza, e ognuna vorrebbe che fossi diverso.”

Pensavo fosse impossibile raccontare Bob Dylan senza incappare in un’agiografia banale o, al contrario, in un intricato esperimento postmoderno. James Mangold, però, sorprende affrontando in A Complete Unknown un periodo ben definito (dal 1961 al 1965), quando Dylan diventa un fenomeno culturale e, insieme, un enigma per tutti, se stesso compreso. Un lasso di tempo in cui non c’è solo l’ascesa artistica, ma anche la controversa “svolta elettrica” che sconcerta i puristi del folk, trasformando un idolo in una figura divisiva.

Timothée Chalamet incarna Dylan con tale grazia da fondere imitazione e interpretazione. Ripropone i tic, l’intonazione vocale, persino la solitudine ostinata di un ragazzo che vuole soltanto suonare. Tuttavia, proprio quando la fama arriva, Dylan rivela un’indole schiva, talvolta ostile, che spiazza chi tenta di avvicinarlo. Chalamet rende il personaggio magnetico, e la sua voce, seppure non identica a quella di Dylan, riesce a evocare l’essenza di quei brani che hanno segnato una generazione. Non si tratta di una banale performance canora, ma di un “diventare” Dylan, specialmente nelle scene di registrazione e nelle sessioni live, ricche di un’energia quasi palpabile. La tensione si manifesta anche nel confronto con Pete Seeger, interpretato da un Edward Norton straordinario. Seeger rappresenta la dimensione più “pura” del folk e vede in Dylan il futuro di una tradizione impegnata. Quando la chitarra acustica lascia spazio all’elettrica, Dylan sfida non solo il proprio pubblico, ma anche un intero modo di concepire la musica. Il festival di Newport, riportato qui con grande realismo, diventa il simbolo di un passaggio epocale: si passa dalla protesta popolare al rock e al successo di massa.

Non manca il tocco femminile: Monica Barbaro nei panni di Joan Baez dona credibilità a un personaggio che mescola talento, idealismo e frustrazione verso un Dylan sempre più inafferrabile. Elle Fanning interpreta Sylvia (ispirata a Suze Rotolo), la compagna che prova a sostenere l’artista in una fase caotica, ma finisce logorata dall’egocentrismo e dalle bugie di un ragazzo che riscrive perfino i propri ricordi per plasmare la sua leggenda. La regia di Mangold riesce a catturare l’atmosfera di un’America inquieta, segnata dalla Guerra Fredda e dalle lotte per i diritti civili. Lo scenario del Greenwich Village, con i suoi locali fumosi e gli artisti che discutevano di politica e musica, emerge in maniera intima e coinvolgente. C’è un’attenzione maniacale ai dettagli storici e culturali che va oltre la semplice ricostruzione: è un omaggio sentito a un’epoca in cui la musica poteva ancora cambiare la società.

A colpire non è solo l’autenticità dell’ambientazione, ma la volontà di mostrare Dylan come un antieroe, senza nascondere la sua parte sgradevole. Ostile con chi cerca di etichettarlo, spietato verso i rapporti personali, appare geniale ma imperfetto. Il film non si limita a glorificarlo: sottolinea la contraddizione tra l’incredibile talento nel comporre canzoni che parlano di libertà, e l’incapacità di Dylan di gestire le emozioni sue e altrui. Le note suonate durante il film conservano un’intensità trascinante, ma è la persona dietro l’icona a intrigare. Mangold non semplifica, lascia spazio all’enigma, come se lo stesso Dylan fosse una prigione di specchi. Allo stesso tempo, A Complete Unknown gioca con la nostalgia di chi ha vissuto o studiato quel periodo. Momenti chiave come l’incontro con Johnny Cash (un cameo di Boyd Holbrook) mostrano come gli artisti si influenzassero a vicenda, formassero alleanze improbabili e regalassero frasi che profumano di leggenda. Il montaggio dà un ritmo dinamico, quasi a rispecchiare la corsa inarrestabile del successo di Dylan, mentre la fotografia accompagna la narrazione, passando da toni caldi e avvolgenti a sfumature più fredde e distaccate nei momenti di crisi.

Sarebbe stato interessante scavare di più nel rapporto di Dylan con i movimenti politici del tempo. Tuttavia, il fulcro resta la sua crescita personale e artistica, non la cronistoria del decennio. Nel complesso, gli equilibri reggono e i difetti non intaccano l’impatto emotivo del film. A fine visione, si prova un senso di stupore. Che si conoscano già le canzoni di Dylan o che lo si scopra per la prima volta, ci si ritrova immersi in un momento irripetibile. A Complete Unknown è insieme un atto d’amore verso la storia della musica e uno sguardo onesto su un uomo complicato. Non fornisce soluzioni definitive né risposte semplici: mostra piuttosto un percorso, una sfida, un inganno, e la bellezza che nasce dalla collisione di questi elementi. È un film fatto per chi ha voglia di lasciarsi coinvolgere e magari, uscito dalla sala, riprendere in mano un vecchio vinile di Dylan, domandandosi quanto di quelle canzoni ci parli ancora oggi.