“Devo poter credere alle persone che mi stanno vicino.”
Pablo ha deciso di consegnarsi alle forze dell’ordine nel rispetto di un patto stretto con lo stesso stato Colombiano. Prima di farlo raduna tutta la sua “famiglia” per impartire loro gli ultimi dettami di una grossa operazione commerciale. Anche Nick è ormai parte di questa comunità. Ma chi è Nick? Per conoscere il protagonista della vicenda è necessario fare un passo indietro di qualche anno, quando Nick e suo fratello Dylan, canadesi di nascita, decidono di trasferirsi in Colombia per aprire una scuola di surf. Proprio mentre il loro progetto sembra prendere forma, Nick conosce Maria, una ragazza che spende la vita per migliorare le condizioni di vita non propriamente agiate del suo popolo. Per farlo sfrutta lo zio Pablo, un politico locale ben voluto da tutti. Escobar è un uomo di mezza età con dei grossi baffoni, innamorato della propria moglie e dei propri figli. L’approfondimento della conoscenza tra i due uomini mostrerà a Nick i lati oscuri di una tale popolarità.
Non voglio illudere nessuno, non siamo di fronte ad un capolavoro, né tanto meno ad un gangster movie paragonabile a colossi come Scarface o al più recente Blow. Escobar si presenta però come una pellicola valida, dalla trama piuttosto sempliciotta, ma discretamente girata e sorretta da un “sempreverde” Benicio del Toro. Sfruttando sapientemente la scia di una serie di successo come Narcos, il film diretto da Andrea Di Stefano (alla prima “prova” da regista) strappa una sufficienza piena e sicuramente saprà accalappiare un discreto numero di cultori del genere.