Idiocracy

Idiocracy - Mike Judge, 2006


Voto medio: 3,97
(31 voti totali)

Film consigliato

da

DURATA: 84 minuti
GENERE: Commedia, Fantascienza
CAST: Luke Wilson, Maya Rudolph, Dax Shepard, Thomas Haden Church, Randal Reeder.

“Signori, vi presento Joe Bauers, il primo soggetto per l’esperimento di ibernazione umana.”

Cosa succede quando l’umanità smette di fare domande, quando la cultura viene messa all’angolo da slogan pubblicitari e l’intrattenimento diventa un perpetuo spettacolo di gente che si fa male nelle parti basse? Idiocracy ce lo raccontava nel 2006, e a distanza di quasi vent’anni la sua satira non solo è ancora rilevante, ma è diventata inquietantemente familiare.

Mike Judge, il genio dietro Beavis and Butt-Head e Office Space, costruisce un futuro distopico che non ha bisogno di guerre nucleari o virus letali per distruggere la civiltà. Il problema è molto più semplice e disarmante: il genere umano è diventato sempre più stupido. Il progresso scientifico è stato sacrificato in nome di comodità e profitto, la politica è un circo iper-maschilista con un wrestler e pornoattore alla presidenza, e il dibattito pubblico è ridotto a una gara di urla. Suona familiare? La trama è abbastanza semplice, ma non scontata: un uomo qualunque (Luke Wilson) e una prostituta (Maya Rudolph) vengono ibernati per errore e si risvegliano cinquecento anni nel futuro, in un mondo in cui la stupidità ha raggiunto livelli tali da far sembrare il protagonista un genio assoluto. Tra macchine automatiche che diagnosticano malattie con tasti a forma di faccine e una nazione intera che irriga i campi con una bevanda energetica perché “ha gli elettroliti”, il film si muove tra assurdo e tragico, mostrando una società che ha smesso di pensare, di informarsi e di mettere in discussione il sistema.

E qui arriva il punto più interessante: Idiocracy non prende in giro solo gli stupidi. Il vero bersaglio della satira non è la massa di imbecilli lobotomizzati, ma chi ha permesso che tutto questo accadesse. La scienza, ridotta a una macchina per vendere pillole per l’erezione e trattamenti per la calvizie. I politici, che hanno lasciato che le corporation acquistassero le istituzioni pubbliche. I media, che hanno sdoganato l’ignoranza come se fosse una qualità e hanno dato voce a idoli di plastica senza nulla da dire. Insomma, non sono gli idioti il problema, ma chi ha creato il sistema che li ha nutriti, coccolati e resi passivi. È proprio questo il colpo di genio di Judge: il film ci fa ridere (anche se amaramente) non solo per il degrado mostrato, ma perché sappiamo benissimo di farne parte. Ogni scena di Idiocracy è esagerata, sì, ma a pensarci bene non lo è poi così tanto. Oggi vediamo politici che twittano in maiuscolo come bambini viziati, algoritmi che premiano chi urla più forte invece di chi argomenta meglio, fake news che si diffondono come verità assolute. La stupidità non è più un’eccezione: è diventata un modello. Non è difficile capire perché la 20th Century Fox abbia cercato di seppellire il film: nessuno ama guardarsi allo specchio e vedere riflessa la propria mediocrità. Nonostante la distribuzione limitata e l’assenza di una campagna pubblicitaria adeguata, Idiocracy è diventato un cult. E il motivo è chiaro: perché la satira di Judge ha colpito il nervo scoperto di un’epoca che, invece di progredire, sembra scivolare sempre più verso la semplificazione estrema.

Comunque c’è un’idea ancora più inquietante che attraversa Idiocracy, un pensiero che pulsa sotto la superficie della sua satira feroce, oggi più che mai: e se la nostra società non stesse semplicemente diventando più stupida, ma stesse attivamente premiando l’ignoranza? Il film di Mike Judge ci mostra un futuro in cui il pensiero critico è stato schiacciato dalla pigrizia intellettuale, in cui la conoscenza è un peso e la mediocrità viene non solo accettata, ma celebrata. La scienza ha perso la battaglia contro la superstizione, la politica è dominata da chi urla più forte, e la selezione naturale sembra essersi invertita, lasciando il mondo in balia di chi prende decisioni basate su istinti, slogan e tradizioni che si tramandano senza più essere messe in discussione.

In questa “distopia”, il voto di chi ha studiato e riflettuto ha lo stesso peso di quello di chi non ha mai messo in dubbio nulla. La democrazia diventa una farsa quando le masse, invece di informarsi, seguono ciecamente chi le manipola con false promesse e teorie prive di fondamento. Il progresso non è più una corsa verso il futuro, ma un lento scivolare all’indietro, un’involuzione guidata da chi trasforma la paura in potere e la propaganda in verità assoluta. E in mezzo a tutto questo, una domanda su tutte rimane sospesa: siamo ancora in tempo per invertire la rotta o stiamo solo osservando, impotenti, un mondo che si spegne nel rumore delle risate registrate e degli slogan pubblicitari?