“Sono le mie memorie, il mio libro… ho il diritto di scegliere cosa scrivere, no?”
Un film strabiliante, carico e denso, scorrevole e mai banale, dai brillanti dialoghi e con attrici di grande rilievo. Pochi i colpi di scena, ciononostante in grado di smuovere gli animi attraverso vicende a noi tutti familiari, come il rapporto tra madre e figlia, nonni e nipoti, moglie e marito. Le Verità (La Vérité) è un film del 2019 scritto, diretto e montato da Hirokazu Kore’eda, primo film del regista giapponese a non essere girato nella sua lingua madre. È interpretato da Catherine Deneuve, Juliette Binoche e Ethan Hawke, in concorso alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Nell’artistica Parigi, l’animo frizzante e narciso di Fabienne vi ci sguazza tra un film e un’intervista. La sua vita è dedicata da sempre alla recitazione, il suo volto è una maschera di pose perfettamente costruite, il trucco impeccabile, la spazzola per capelli sempre a portata di mano. Fabienne è circondata di uomini che si prestano al suo servizio, un’ambigua comunione tra maggiordomi e amanti. L’importante è che sappiano fare il tè. Una donna eccentrica, tutta d’un pezzo, immune alle banali questioni sentimentali. La sua vita è un palcoscenico, non esistono emozioni se non quelle dettate dal copione. Finché non entra in scena Lumir, sua figlia, in visita da New York – dov’era fuggita dal rapporto complesso con la madre- accompagnata dalla sua dolcissima bambina Charlotte e da suo marito Hank. Da questo momento avrà luogo un lento e intenso processo di ricongiungimento e di perdono. Fabienne è stata una mamma poco presente, lasciando dei vuoti nell’infanzia di Lumir ed ora è arrivato il momento di provare a colmarli.
La trama si sviluppa in maniera originale, utilizzando l’effetto “matrioska” del film dentro al film. Fabienne è impegnata sul set di un nuovo film la cui trama tocca alcuni dei punti nevralgici del rapporto madre-figlia delle protagoniste. E proprio attraverso il personaggio, Fabienne riesce a guardarsi dentro e a fare spazio alle emozioni, fino ad abbracciare, forse per la prima volta, sua figlia. Il film si srotola su un costante corto circuito di età, ruoli familiari, ricordi e riflessi di sé. Un’attenzione particolare è data al tema del ricordo: i traumi possono portarci a distorcere gli eventi del passato. Ma Lumir riesce finalmente a trovare i pezzetti mancanti del puzzle e a vedere sua madre come una donna con le sue debolezze e con la sua personalissima maniera di amare.