“Non dimenticherò mai che per quanto sia doloroso, per quanto sia spaventoso o per quanto lontano si vada, non si abbandona mai la battaglia.”
Solito film di guerra in cui gli americani perdono tutto ciò che hanno di più caro ma riescono a battere il nemico cattivo solo grazie al loro orgoglio? Decisamente no. La guerra in Afghanistan è una guerra e una ferita che appartengono alla nostra generazione, e i film di guerra hanno quel fascino noir che mi ha sempre catturato. In questo film non c’è la solita guerra tra Americani e Islamici, visti tutti come nemici. È una storia vera, tratta da un’autobiografia, e saperlo rende il tutto più forte.
Quattro marines devono nascondersi, in attesa di ordini, nei pressi del rifugio di un terrorista talebano. Un anziano, un giovane e un bambino portano le pecore al pascolo e hanno la sfortuna di imbattersi nei Navy Seal, che mostrano tutti i lati dell’umanità: chi li vorrebbe uccidere, chi non lo prende nemmeno in considerazione, chi si astiene e chi prende una decisione: li lasciano andare. Dopo poco tempo questi tre afghani riescono a dare l’allarme e scoppia una guerra tra i 4 marines e i talebani. Il titolo è uno spoiler a sè stante, ma da notare il fatto che, dopo aver mostrato il “lato cattivo” arriva anche il lato buono dell’Islam: un villaggio di musulmani (non talebani) si batte per aiutare l’America, perchè la legge di Dio gli dice di battersi per il più debole contro il nemico in comune.
Potrei parlare di questo film per ore, e ci sono moltissimi particolari degni di nota. Quello che vi dico è: tenete l’attenzione alta, e altissima durante gli ultimi 15 minuti del film.