“Non avrebbe senso un museo su di me.”
“Non ancora.”
L’attesa è finita, cala il sipario, il pubblico in sala si sgrana gli occhi e resta in trepido silenzio attendendo che salga in cattedra Lui, Silvio. Alla prima parte ricca di bollicine, cocaina, belle donne e festini a bordo piscina fa seguito un “secondo tempo” (è il seguito di Loro 1) più Berlusconiano. Servillo diventa finalmente protagonista del film cucito sulla sua persona, con l’intento di raccontare la figura più pittoresca, curiosa ed istrionica del panorama politico del dopo guerra. È proprio nel tentare di descrivere un anima così complicata che forse Sorrentino non riesce ad esprimere tutta la sua potenza visiva, salvo comunque saper raccontare le sue sfaccettature come pochi altri in questo momento.
Volutamente il regista napoletano non si perde in troppi dettagli politici (come aveva fatto anni prima ne Il Divo)… una scelta azzeccata e decisamente maliziosa che scredita il politico esaltandone l’aura da semidio. Il risultato non è forse il suo più grande racconto ma rimane comunque un ritratto pittoresco, caricaturale e provocatorio.