“Se l’estate non canta in te, niente canta in te. Se niente canta in te, non puoi fare musica. Fu lei a dirmelo.”
“Maestro”, la pellicola biografica scritta, diretta e interpretata da Bradley Cooper che racconta la vita e la carriera di Leonard Bernstein, nonché la sua complessa relazione con la moglie Felicia Montealegre, si pone come una delle narrazioni più attese e discusse del 2023. Se da una parte il film splende per la sua produzione, la direzione e le interpretazioni – con Carey Mulligan che riceve elogi universali per la sua performance – dall’altra, suscita perplessità per le scelte narrative che sembrano soffermarsi poco sul genio musicale di Bernstein per concentrarsi invece sulle dinamiche coniugali e personali.
Da cinefilo con una passione fervente per il cinema ma senza la pretesa di una critica professionista, “Maestro” mi ha lasciato con sensazioni contrastanti. La realizzazione tecnica del film è indiscutibile: la fotografia, l’uso del colore e del bianco e nero, e la ricostruzione storica immergono lo spettatore in un’epoca ricca di fermenti artistici e culturali. Bradley Cooper, sotto un pesante trucco prostetico, offre una performance da lodare per l’impegno e la dedizione nel catturare l’essenza di Bernstein, dimostrando anche la sua maturità dietro la macchina da presa. Carey Mulligan, poi, si conferma un talento straordinario, capace di trasmettere con profondità e sfumature il complesso spettro emotivo di Felicia.
Tuttavia, non posso fare a meno di notare come il film sembri tralasciare gran parte di quello che ha reso Bernstein una figura così influente nel mondo della musica. Si accenna a opere iconiche come “West Side Story” e “Candide”, ma senza approfondire il processo creativo, le ispirazioni, le lotte e i trionfi di Bernstein come musicista, compositore e direttore d’orchestra. Allo stesso modo, viene dato ampio spazio alla sua vita privata e ai suoi conflitti interni, ma spesso a scapito di una narrazione che avrebbe potuto esplorare in modo più equilibrato anche il suo impatto artistico. Inoltre, l’accento posto sui dettagli più sensazionalistici e meno significativi della vita di Bernstein rischia di sminuire la sua eredità artistica. La scelta di concentrarsi maggiormente sulle sue relazioni personali e sui drammi familiari, sebbene importanti per comprendere l’uomo dietro il genio, finisce per offuscare la portata delle sue opere e del suo contributo alla musica e alla cultura del ventesimo secolo.
“Maestro” è un film che merita di essere visto (è su Netflix), per le sue qualità produttive e per le interpretazioni eccezionali, ma che lascia il desiderio di una narrazione più bilanciata e completa. La vita di Bernstein, ricca di passione, innovazione e genialità, avrebbe potuto fornire materiale per una storia ancora più avvincente e ispiratrice, celebrando appieno l’uomo e l’artista. Film candidato in tanti prestigiosi concorsi di Cinema, in ballo per moltissime nomination ma vincitore di nulla: Cooper, rimandato!