“E’ come se fossimo cresciuti nella stessa casa. E un giorno lui è uscito dalla porta sul retro e io da quella davanti.”
Truman Capote è stato un giornalista e scrittore che, grazie ai suoi romanzi, conquistò la ribalta tra il pubblico americano verso fine anni 50. Il suo “Colazione Da Tiffany” ancora oggi è un libro culto (grazie anche all’omonimo film con Audrey Hepburn); la pellicola di Bennett Miller ripercorre una stralcio di vita dell’autore, precisamente il periodo in cui, dopo aver scritto il già citato romanzo, trova lo spunto per il suo successivo lavoro in un omicidio di un’intera famiglia di Holcomb, in Kansas. Lo scrittore, sin da piccolo preso di mira per il suo bizzarro modo di vestire, parlare ed atteggiarsi (non ha mai fatto nulla per nascondere la propria omosessualità), ripercorrerà i tragici momenti della vicenda facendo conoscenza con amici delle vittime e con gli stessi carnefici, con i quali legherà indissolubilmente. Questo lavoro ruberà sei anni della sua vita, ma il romanzo che ne prenderà forma, “A Sangue Freddo”, farà di lui il più famoso autore americano dell’epoca.
Miller sforna un capolavoro di narrazione, sostenuto da una recitazione sontuosa del miglior Philip Seymour Hoffman di sempre (a mio parere). Il risultato è una storia commovente che varrà l’Oscar al compianto protagonista.