“Ci sono tre classi di persone: quelli di sopra, quelli di sotto e quelli che cadono.”
Claustrofobica pellicola low-budget spagnola dal successo inaspettato, uscita in tempi di quarantena e completamente ambientata all’interno di… un buco. O meglio, in una fossa. Probabilmente quando hanno deciso di tradurre il titolo, i distributori erano già in isolamento da un pezzo, impazziti per bene dopo aver letto i nostri consigli per la quarantena. “Il Buco”… dai, sul serio?!
Orientarsi all’interno del film è abbastanza facile: c’è una fossa, sotterranea, verticale, simile ad una prigione, di cui ogni livello ospita due persone. Una volta al giorno, una piattaforma contenente una vasta gamma di cibi disposti a banchetto si abbassa automaticamente ad ogni piano, partendo dal primo. Ovviamente. Ai prigionieri vengono dati solo due minuti al giorno per mangiare; quindi la piattaforma si sposta al livello inferiore fino a raggiungere il fondo. Ci sono tre semplici regole: (1) ogni detenuto può portare solo un oggetto in prigione; (2) nessun alimento può essere tenuto lontano dalla piattaforma, altrimenti la cella verrà riscaldata o refrigerata a temperature letali; (3) ogni mese i prigionieri vengono addormentati e spostati in un altro livello della prigione.
Dato che non si sa a quale livello si finirà ogni mese, inutile dire che quelli ai livelli superiori si ingozzano senza lasciare cibo. Più basso è il livello, meno il cibo. I parallelismi con la società moderna si sprecano: le élite non hanno alcun desiderio di condividere la loro ricchezza con quelli sul fondo, che soffrono. E muoiono o, peggio, si uccidono tra di loro. Il film offre un’interessante interpretazione del posizionamento sociale: un giorno potresti essere in cima, con tutto il cibo che vuoi; il prossimo sei in fondo, a morire di fame. Una situazione che ognuno di noi potrebbe sperimentare nella vita reale, augurandoci non accada mai: un giorno lavori, un altro hai successo ed un altro sei un senzatetto. Come uscirne? Differenti punti di vista, espressi chiaramente dai personaggi. L’unica cosa che rimane non proprio chiara è il finale, che si presta a varie interpretazioni e lascia un po’ con l’amaro in bocca. Se non altro lascia anche con il cervello iper-stimolato, in cerca di un senso sia per la pellicola che per la società alla quale apparteniamo.
Ho visto questo film su Netflix appena uscito e sono contento di aver colto l’occasione durante un periodo di convivenza forzata con me stesso. Budget ridotto ma messaggio potente. È simile a film come Cube, Circle, L’Uomo che Venne dalla Terra: tutti film a basso budget con una narrazione eccezionale e una recitazione brillante. Difficile non empatizzare con ogni singolo personaggio: siamo tutti sulla stessa barca. O nello stesso fosso?