“Quelli che voi interrogherete sono nemici del socialismo, non dimenticatelo mai.”
La Stasi era letteralmente il “Ministero per la Sicurezza di Stato”, principale organo di spionaggio e controllo interno della Germania Orientale. Scopo di questa organizzazione era quello di monitorare qualsiasi forma di congiura antipolitica attraverso una fitta rete di informatori ai quali il regime riconosceva notevoli privilegi.
Siamo nel 1984, in una Berlino ancora divisa da un muro che separa due mondi agli antipodi. Georg Dreyman è un celebre autore di opere teatrali. La sua indagine segreta sul crescente numero di suicidi nel suo paese in quegli anni attirerà su di sé i sospetti dell’organizzazione, che incarica il capitano Gerd Wiesler di spiarlo. HGW XX/7 (questo il suo nome in codice) è una persona sola, senza una famiglia propria, che si immerge nel proprio lavoro a tal punto da vivere appunto “le vite degli altri”, immedesimandosi nelle proprie vittime fino a renderle una vera e propria ossessione. E’ proprio attraverso i suoi occhi che viviamo le atmosfere cariche di tensione di quei tempi, dove ogni mossa pubblica e persino privata di ogni cittadino doveva essere calibrata e sottostare a rigidi regolamenti.
Il regista sceglie una narrazione lenta e riflessiva per la vicenda, in modo da tramandare al pubblico tutta la drammaticità della situazione. La pellicola vince nel 2006 a sorpresa il Premio Oscar per il miglior film straniero, sbaragliando la concorrenza grazie alla sua sincerità e trasparenza, vera e propria carta vincente di questo lavoro, capace di segnare profondamente lo spettatore come poche altre produzioni (Garage Olimpo su tutte).