“Bene, bene, bene… L’emporio di Minnie sarà molto accogliente nei prossimi giorni!”
La Guerra di Secessione Americana è finita da pochi anni. Su una carrozza il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell) sta attraversando la gelida desolazione del Wyoming per consegnare alla giustizia la criminale Daisy Domergue, sulla cui testa pende una taglia di ben 10.000 dollari. Lungo il cammino che lo porta a Red Rock, luogo dove Daisy dovrà essere processata ed impiccata, John si imbatte nell’ex-soldato di colore, ed ora anche lui temibile cacciatore di taglie, Marquis Warren (Samuel L. Jackson), e in un uomo che sostiene di essere Chris Mannix, nuovo sceriffo di Red Rock. John, pur diffidente, acconsente a dare ai due un passaggio ed insieme giungono sino alla merceria di Minnie Mink, presso la quale sono costretti a rifugiarsi a causa di una tremenda bufera di neve. Lì troveranno un variegato gruppetto di viaggiatori composto da quattro bizzari personaggi con i quali dovranno condividere diverse ore prima di poter ripartire. Tutti sembrano avere una storia plausibile che spiegherebbe la propria presenza in quel luogo sperduto, ma l’aria rareffatta del rifugio comincia ben presto a impregnarsi di menzogne che porteranno lo spettatore a dubitare dell’identità e delle intenzioni dei vari protagonisti in scena. A noi pubblico viene lasciato, infatti, il piacere di giocare a rimettere insieme i pezzi di questo avvincente puzzle prima che Tarantino, con i suoi consueti giochi di montaggio, caratterizzati da flashback e flashforward, ed altri “ammiccanti” trucchetti metanarrativi, sciolga definitivamente la tensione della trama.
Un film ricolmo, soprattutto nella seconda metà, di esplosioni di violenza decisamente splatter che, unite al linguaggio oltremodo scurrile di tutti i personaggi, rendono quest’opera probabilmente la più assurdamente aggressiva di Tarantino, tanto che potremmo definirla perfino eccessiva anche per i suoi standard. Tuttavia, Quentin non fa mai nulla per caso e così ogni singolo schizzo di sangue ed ogni bestemmia non risultano mai sprecati, come del resto tutte le pallottole sparate, che paiono essere coscientemente dirette al pubblico, soprattutto al pubblico statunitense al quale il regista sbatte in faccia un’improbabile e claustrofobica pièce che mette a nudo in maniera cruda ed esagerata l’essenza complicata della storia americana e degli stravaganti e contraddittori personaggi – qui efficacemente caricaturati al punto da non poter non sembrare “reali”- che hanno contribuito a costruire questo grande paese e a renderlo quell’incoerente, conflittuale e spesso violento agglomerato di varia (dis)umanità che è ancora oggigiorno.