“Mia madre mi dice sempre di non far salire chi fa l’autostop.”
Nel 1986 Robert Harmon, con “The Hitcher”, tirò fuori il coniglio dal cilindro – come si suol dire – anche se purtroppo negli anni successivi deluse le attese e girò delle pellicole neanche lontanamente vicine alla qualità di questo road movie/thriller.
Jim Halsey è un giovane intento a portare una macchina di lusso da Chicago a San Diego per restituirla al proprietario che ha commissionato il trasporto. Mentre percorre una lunga strada nel bel mezzo del deserto Texano, decide di dare un passaggio ad un autostoppista. L’uomo, di nome John Ryder, è in realtà uno psicopatico assassino. Trama che sicuramente non fa urlare al miracolo, eppure Harmon riesce a girare in modo sopraffino e trasmettere tensione e adrenalina. Regista sicuramente aiutato nel risultato finale anche dall’ottima prova di Rutger Hauer nelle vesti del serial killer, un folle stratega libero di seminare panico e morte. Nei panni di Jim troviamo invece Christopher Thomas Howell, molto convincente nella sua prova e infatti considerato un giovane talento in quegli anni.
Il film, come detto, è un validissimo road/thriller movie ma in qualche scena quasi tende una mano verso l’horror; scene mai piazzate a caso ma volte ad enfatizzare le sensazioni di terrore dello spettatore che si rivede spesso in Jim, il protagonista. Il finale, tutt’altro che prevedibile, risulta invece ambiguo e affascinante ed esalta questo “The Hitcher”; a parer mio uno dei piccoli capolavori degli anni ’80 e da cui molti nuovi registi che vogliono interfacciarsi col thriller dovrebbero prendere ispirazione.