“A volte c’è così tanta bellezza nel mondo; non riesco a tollerarla.”
Esordio a dir poco incredibile per il regista Sam Mendes, il quale convince pubblico e critica con questo capolavoro cinematografico che si appoggia sulla brillante sceneggiatura originale di Alan Ball. Dopo essersi portato a casa giustamente la statuetta dorata e il plauso dell’Academy, il cineasta britannico si ripeterà poi con pellicole di assoluto spessore come il bellico Jarhead e Revolutionary Road, dove riprenderà il tema dell’ipocrisia delle relazioni coniugali nel conformista ambiente alto-borghese, già affrontato proprio qui in American Beauty.
Questa commedia dai toni drammatici sembra proprio essere una freccia diretta a colpire la falsità dei rapporti interpersonali che spesso fanno sentire le persone come imprigionate in un castello di apparenze e abitudini che portano a creare situazioni domestiche sempre più costruite ed asfissianti. Due righe sulla trama: un sempre perfetto Kevin Spacey (Oscar nel 2000 per questa fantastica performance) è Lester Burnham, uomo sulla quarantina scontento del suo lavoro, che deve fare i conti con una moglie in carriera che lo trascura, ed una figlia, Jane, in piena crisi adolescenziale.
A scatenare la successione d’eventi che muoveranno la trama sarà soprattutto l’entrata in scena di due personaggi: la giovane e provocante Angela Hayes (Mena Suvari), compagna di classe di Jane, che s’insinuerà prepotente nei sogni erotici di Lester, e il problematico Ricky, imberbe cineamatore che spaccia marijuana a tempo perso, cercando di eludere i controlli del severissimo padre colonnello. Il resto meglio ve lo racconti direttamente la pellicola, che rappresenta sicuramente un prodotto di altissimo livello e che entra di diritto nella classifica dei migliori film del cinema a colori.