“Folleggiammo alquanto con altri viaggiatori della notte da autentici sbarazzini della strada, poi decidemmo che era ora di eseguire il numero “visita a sorpresa”: un po’ di vita, qualche risata e una scorpacciata di ultraviolenza”
Difficile dimenticarsi di Alex. Questo film lascia il segno, smuove gli animi attraverso una dialettica coraggiosa: Kubrick ci sbatte davanti al muso la violenza brutale allo scopo di impressionarci e di prenderne le distanze. Inutile dire che probabilmente nessuno è stato più efficace di lui in questa direzione.
Alexander DeLarge è un drugo, per meglio dire è il capo di questo gruppo di giovani rampolli di famiglie benestanti che trascorrono il loro tempo “cibandosi” di violenza, vandalismo, sesso. Il primo troncone della vicenda è appunto rappresentato dall’escalation di brutalità compiute dai criminali con la bombetta e l’occhio truccato. La pena da scontare per tutte queste oscenità non sarà però il semplice carcere, bensì la cura Ludovico, programma riabilitativo non convenzionale, che ripagherà con la stessa moneta il protagonista. Le immagini a cui Alex sarà costretto ad assistere cercheranno di risanare con una sorta di legge del taglione un animo probabilmente irrimediabilmente malato.
Siamo alle prese con un capolavoro di innovazione nella storia del cinema, capace di affrontare tematiche scomode (soprattutto nel 1971) raccontate con un cinismo che disorienta ed in alcuni frangenti nausea, su ambientazione di esplicito richiamo alla pop-art. Puro sfogo del genio di Kubrick, così come lo era stato “Otto e ½” per il nostro Fellini che, non a caso, da subito espresse giudizi entusiastici verso questa imperdibile produzione.