Basato su una storia vera accaduta sotto una dittatura militare.
La mia conoscenza del regista sudcoreano si è sviluppata a ritroso. In primis mi sono infatti imbattuto in Snowpiercer, futuristico viaggio in una locomotiva che conserva la specie umana a seguito di una nuova glaciazione. Dopo questo primo “boccone” di Bong Joon-ho ho deciso di avventurarmi nel suo primo lavoro di un certo calibro (questa produzione ha spopolato in patria con oltre cinque milioni di spettatori nelle sale ed ha avuto diversi riconoscimenti anche all’estero). Memories of Murders si inserisce nel ricco filone di film polizieschi in cui il cattivo è un serial killer. In questo caso l’assassino uccide ragazze giovani in nottate di pioggia. A dargli la caccia un improvvisato detective di provincia, il suo scagnozzo dai modi violenti ed un investigatore silenzioso spedito direttamente da Seoul per risolvere un caso che sta sconvolgendo l’intero paesino della campagna sudcoreana.
Un approccio diverso quello del regista asiatico nell’affrontare un tema delicato come quello di un maniaco stupratore ed omicida, se rapportato alla cinematografia occidentale. Sebbene il tono del film sia assolutamente grave e serio, la scena puramente drammatica lascia spazio a delle “gag” tragicomiche (dovute ad un poliziotto quantomeno impacciato) che quasi fanno sorridere lo spettatore, alleggerendone il clima teso. Reputo questo un merito della pellicola che, così facendo, si sottrae a paragoni scomodi (Il Silenzio degli Innocenti, Il Collezionista di Ossa, Seven) risultando un po’ fuori dagli schemi ma sicuramente a livello dei “parenti” americani, e nello stesso tempo surclassa senza pietà gli esemplari più banalotti di cinema giallo.