“Non sto parlando con Miles, sto parlando con la persona che ha preso possesso del suo corpo: dimmi se riesci a sentire la mia voce.”
Il giovane regista Nicholas McCarthy (The Pact, Oltre il Male) ha una sua personale ma riconoscibile versione degli horror: qualcosa, che dall’interno, da zone oscure, da un’altra vita, irrompe nella vita di qualcun altro. In questo caso si tratta del piccolo Miles, già attore di IT che, desiderato e adorato dai suoi genitori, non si dimostra proprio… un bambino comune.
Nato contemporaneamente alla morte violenta di quello che scopriremo essere un serial killer, fin dall’inizio della sua vita dimostra di essere un po’ troppo sveglio e non propriamente socievole con i coetanei. Crescendo la situazione non migliora ed i lati oscuri di Miles aumentano: nel cuore della notte inizia a parlare un rarissimo dialetto ungherese, durante il giorno dice cose tremende ai suoi genitori e se la prende con la babysitter e i compagni di scuola cercando di ucciderli. La madre Sarah, la Taylor Schilling di “Orange is the New Black”, terribilmente preoccupata, finalmente lo porta dalla psicologa che lo rinvia a un altro tipo di specialista. Ed è qui che il film, fino a ora verosimile, si sposta sul piano dell’improbabile e ci inizia a far riflettere sulla possibilità della reincarnazione.
È possibile che un’anima nel momento della morte di sposti in un altro corpo e cerchi di portare a termine qualcosa che non è riuscito a compiere in vita? Qualcosa che il giovane Miles non vorrebbe mai fare. Lo specialista delle reincarnazioni scopre la presenza dell’anima del serial killer dentro lo sfortunato bambino, che col passare del tempo diventa sempre più ingombrante e che se non verrà fermata prima degli otto anni conquisterà anche l’altra metà del corpo e dell’anima, facendo scomparire totalmente il bambino. L’azione a questo punto è tutta basata sulla centralità del rapporto fra madre e figlio.
“Molti dei miei film horror preferiti riguardano le donne”, ha dichiarato qualche anno fa McCarthy. “Mia Farrow in Rosemary’s Baby, Ellen Burstyn ne L’Esorcista. Quando ho visto quest’ultimo film, poi, è nata la mia passione per il genere horror.”. Ma Prodigy si discosta dal tema delle possessioni sataniche: la lotta tra bene e male qui è totalmente umana e vede Sarah disposta a varcare l’oscurità per recuperare il figlio e cacciare il terribile intruso. Il genere è tra l’horror moderno e il thriller sovrannaturale: buio, sconfinamento sogno/veglia, indagini, colonna sonora perfetta, visioni, scantinati bui e violenza in crescendo, con una buona dose di tensione che culminerà ovviamente con un finale adeguato alla pellicola.