Il manifesto del Surrealismo.
Un Chien Andalou del grande regista spagnolo Luis Buñuel racchiude in appena 16 minuti di pellicola tutta l’essenza del surrealismo cinematografico e ne rappresenta sicuramente uno degli esempi più riusciti. Nato dall’unione di due sogni, uno dello stesso Buñuel e l’altro del suo grande amico Salvador Dalí, questo corto muto rompe palesemente ogni schema narrativo canonico, e difatti risulta privo di una vera e propria trama, apparendo piuttosto come una distorta esperienza onirica in cui gli eventi non si susseguono secondo un ordine crono-logico, ma nemmeno “logico” in un qualsivoglia senso. Il film ha come obiettivo principale quello di provocare uno shock nello spettatore, utilizzando immagini forti e dal grande impatto visivo, soprattutto se consideriamo che è stato girato alla fine degli anni ‘20.
Non vi è una storia da seguire né da raccontare ma solo l’inafferrabilità dell’esistenza che può essere espressa solo mediante la stessa materia scivolosa di cui si compone il mondo onirico, un mondo in cui ogni simbologia precostituita sembra perdere di senso e credibilità. Pellicola fondamentale per comprendere la poetica surrealista, ma anche per avvicinarsi all’opera di alcuni registi contemporanei la cui arte non può essere debitamente analizzata e compresa prescindendo dall’influenza di Buñuel; uno su tutti il mestro David Lynch (Eraserhead, Velluto Blu, Mulholland Drive).