“Vedete, ci sono ancora deboli barlumi di civiltà lasciati in questo mattatoio barbaro che una volta era conosciuto come umanità.”
Il termine commedia è troppo generico, troppo ampio; rappresenta una famiglia decisamente variegata di pellicole, con caratteristiche diversissime tra loro, annoverando ahimè comicità più o meno “nobili”. Grand Budapest Hotel si inserisce a pieno titolo in questo mondo, ma se ci fosse una divisione gerarchica del genere sicuramente si andrebbe a collocare nelle posizioni più elitarie. Definire l’ultima fatica di Wes Anderson (Moonrise Kingdom, I Tenenbaum, Il Treno per il Darjeeling, Le Avventure Acquatiche di Steve Zissou) semplicemente una commedia è in effetti penalizzante: Grand Budapest Hotel è un film originale, divertente, basato su una storia stravagante, raccontata attraverso immagini sensazionali, dipinto con colori a tinte forti e attraverso uno stile di narrazione frizzante. Una vera goduria per gli occhi ancor prima di esserlo per la mente.
Il Grand Budapest Hotel è un’ istituzione ormai in pieno decadimento ma non sempre è stato così. Nei primi anni ’30 l’albergo ha vissuto tempi gloriosi che ci vengono raccontati da Zero Moustafa, simpatico ragazzotto che da aiuto garzone diventa proprietario della “baracca” attraverso vicende quantomeno incredibili. Grand Budapest Hotel è delizioso, ma non è semplice cioccolata, bensì uno di quei dolcetti minuziosamente decorati in ogni piccolo dettaglio, che ricordano quelli della pasticceria Mr Mendl, ricorrenti e fondamentali nella trama di questa sfiziosa pellicola. Non abbiate dubbi a metterlo in cima alla lista per una serata divertente ma non scontata con amici.