Inland Empire – L’Impero della Mente

Inland Empire - David Lynch, 2006


Voto medio: 4,07
(196 voti totali)

Film consigliato

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DURATA: 172 minuti
GENERE: Drammatico, Grottesco
CAST: Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Harry Dean Stanton, Julia Ormond, Diane Ladd, William H. Macy, Laura Harring, Jordan Ladd, Stanley Kamel, Mary Steenburgen, Karolina Gruszka, Jan Hencz, Krzysztof Majchrzak, Grace Zabriskie, Ian Abercrombie, Karen Baird, Bellina Logan, Amanda Foreman, Peter J. Lucas, Cameron Daddo, Jerry Stahl.

“C’è un omicidio, in questo film?”

Ho pensato a lungo prima di scrivere qualcosa sull’ultimo lungometraggio del compianto David Lynch; mi sono chiesto come impostare le idee, da dove iniziare, in che modo provare a spiegare ciò che si prova guardando quest’opera in poche righe. Poi, all’improvviso, tutto mi è apparso chiaro: secondo le stesse parole di Lynch, Inland Empire non è un film tradizionale, con attori vincolati a un copione rigoroso, bensì un’esperienza sensoriale vera e propria, dove lo spettatore diventa l’elemento cruciale al centro della scena. E posso assicurare che, se cercate un’opera capace di rilassarvi e di angosciarvi allo stesso tempo, di smuovere la vostra anima e di farvi sentire scombussolati, difficilmente troverete qualcosa di paragonabile a questo straordinario “viaggio Lynchiano”.

Per quanto riguarda la trama, preferisco limitarmi alle parole dello stesso regista, che descrive la sua creatura come “un mistero su una donna in pericolo.” In effetti, sembra che questa donna, protagonista del racconto, si sposti più con la forza della mente che con il corpo, attraversando dimensioni e tempi differenti, con la rapidità e le connessioni imprevedibili tipiche dell’immaginazione. Per me, in tutta sincerità, è come se Inland Empire fosse la messa in scena cinematografica di quello che chiamiamo “stream of consciousness”, la tecnica narrativa molto diffusa negli anni Venti, specialmente in Inghilterra, che consiste nella “libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come affiorano nella sua mente.” Detto in altri termini, guardare questo film è come lasciarsi trascinare in un flusso di coscienza puro, dove le regole tradizionali del racconto crollano, e vengono sostituite da una sequenza di immagini, suoni e sensazioni in cui la logica va in frantumi.

Aggiungo che, quando penserete di aver dato un senso alla scena in cui una ragazza si mette a piangere di fronte a un televisore che trasmette una surreale soap opera interpretata da conigli dalle sembianze umane, allora credetemi, sarete già al limite dell’onirico. Se riuscirete a elaborare e a dare un’interpretazione coerente a quel singolo momento, sarete pronti per affrontare tutto il resto del film, che non è mai davvero facile da incasellare e che, proprio per questo, mantiene intatto il suo fascino. È un’opera che vi avvolge e vi confonde, vi fa viaggiare con la mente anche quando vorreste un appiglio più solido, un appiglio che però Lynch, da spirito visionario qual era, non ha alcuna intenzione di darvi.

L’altro aspetto sorprendente è come il regista (e in questo caso mi riferisco anche alla sua storia precedente e successiva) fosse in grado di passare da Eraserhead e Mulholland Drive a un’opera che, pur avendo il suo marchio di fabbrica, si sente libera di infrangere ulteriormente regole e schemi. Tutto avviene come in un sogno, o forse in un incubo: non vi è mai una distinzione netta fra i due, e la tensione che si crea nello spettatore è sempre in bilico fra angoscia e meraviglia, come se ci fosse in continuazione un varco aperto tra la mente del pubblico e la dimensione del film.

Che cosa aggiungere, se non che Inland Empire rappresenta un’esperienza che ciascuno dovrebbe concedersi almeno una volta? È un viaggio che non fa sconti, non dà spiegazioni rassicuranti e non si preoccupa delle convenzioni narrative. E proprio per questo motivo, se si è pronti a calarsi in una visione che fonde realtà e immaginazione, allora ci si troverà di fronte a uno dei momenti più stranianti ma anche più intensi che il cinema possa offrire. E non scordate la scena dei conigli: se un giorno riuscirete a decifrarla o a darle un significato che non sia contraddetto dalla sequenza successiva, saprete di aver effettivamente “incontrato” l’arte di Lynch. Non lasciatevelo sfuggire: potreste finire per sognare a occhi spalancati.