“Quando penso a mia moglie, penso sempre alla sua testa. Immagino di aprirle quel cranio perfetto e srotolarle il cervello in cerca di risposte alle domande principali di ogni matrimonio. A cosa pensi? Come ti senti? Che cosa ci siamo fatti?”
Non serve sicuramente che io vi presenti David Fincher, regista dal tocco magico che sceglie accuratamente i suoi film solo se consapevole di creare capolavori. Seven, Fight Club e Benjamin Button su tutti, anche se tra i miei preferiti spiccano i meno blasonati Zodiac e Millennium. Indiscutibile comunque che, appunto, si tratti di film da vedere. Ad ogni modo, Gone Girl si piazza tra le pellicole che fanno più discutere ma che sono destinate a rimanere impresse nella memoria di ogni cinefilo che si rispetti. Dico ciò perché non credo che a tutti possa piacere questo thriller drammatico poiché è pressochè privo di azione, concentrandosi esso più sull’aspetto psicologico dell’evolversi degli eventi. Si avvicina molto a Zodiac da questo punto di vista, per la maestria con la quale il regista ci guida all’interno di un’indagine di cui lo spettatore stesso sa ben poco se non nulla. Infatti i colpi di scena e i ribaltamenti di situazione sono delle vere e proprie sorprese sia per l’ignaro pubblico che per i protagonisti della trama. Non vado oltre a questa affermazione, ma sappiate che come mescola le carte Fincher e come le distribuisce con sapienza lo sanno fare ben in pochi: guardatelo e poi mi direte.
Sebbene a prima vista sembri la solita pellicola sentimentale che promette drammaticità, questa cattiva impressione viene fortunatamente smembrata e tinta di mistero già nei primi minuti della storia. Tutt’altro che sentimentale per i retroscena che via via saltano fuori, il film parla del matrimonio tra Amy e Nick, un’idilliaca coppia che cela in realtà un lato oscuro niente male: la sparizione di Amy aprirà il vaso di Pandora e ci catapulterà in un’indagine a metà tra la caccia al tesoro e gli scacchi, dove ogni mossa sbagliata potrà compromettere la vita di qualcuno.
Osservazione personale e finale: non sono per nulla un sostenitore di Ben Affleck come attore, anzi… ma in questa grandiosa trasposizione su grande schermo dell’omonimo romanzo di Flynn, credo che non potesse esserci una poker-face più adatta di quello che reputo essere un attore decisamente poco espressivo. Che l’Amore Bugiardo vi faccia passare una serata sconvolgente!