“I nostri corpi sono prigioni per le nostre anime. Il sangue e la pelle non sono che le sbarre del nostro confino”
Il termine Film sbanca botteghino penso sia totalmente sconosciuto ad Aronofsky (The Wrestler, Il Cigno Nero, Pi Greco), soprattutto se analizziamo le sue prime pellicole. Storie intricate, “rischiose”, cervellotiche, anticonvenzionali, spesso accolte dal pubblico con freddezza… Dio lo benedica! The Fountain non è un film semplice, forse neanche pienamente riuscito, ma sicuramente non ci lascia indifferenti, cerca di comunicarci con tutte le proprie forze il suo messaggio, il senso della vita secondo Darren (lui stesso ideatore della trama).
Ed è proprio con ogni residua forza che Izzy cerca di consegnare a Tomas questo suo fermo credo. Lui pragmatico oncologo ricercatore, lei malata terminale di cancro. La convinzione che la morte sia un momento di rinascita e ricongiunzione sarà la spina dorsale di una trama che viaggerà attraverso tre piani temporali abbandonando le costrizioni legate alla realtà e innalzandosi ad esperienze extrasensoriali che, come detto, colpiranno a fondo lo spettatore.
Una storia d’amore drammatica, con una forte componente fantascientifica paragonabile a “Se mi Lasci ti Cancello” per originalità e poetica. Rimane a differenziarle la mano “pesante” di uno dei migliori registi contemporanei. Nonostante alcuni passaggi rimangano pretenziosi (o semplicemente troppo “alti” per me) il finale del film chiude il cerchio permettendo al regista di completare la personale “Odissea nello Spazio ”.